Le cose degli amici sono comuni: conoscenza, politica e proprietà intellettuale

Pievatolo, Maria Chiara (2005) Le cose degli amici sono comuni: conoscenza, politica e proprietà intellettuale. ISDR.

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Abstract

Per quanto l'accesso aperto alla letteratura di ricerca stia conquistando un certo interesse istituzionale anche in Italia, la maggior parte degli uomini di scienza è singolarmente insensibile al regime dei loro scritti. Jean-Claude Guédon li ha paragonati a dei Dr. Jekyll, interessati all'editore prestigioso o alla rivista ad alto fattore d'impatto, e troppo nobili per preoccuparsi degli aspetti economici delle loro pubblicazioni. Di solito, i Dr. Jekyll sanno benissimo che “il medium è il messaggio”, ma non si rendono praticamente conto che il regime dei media influenza quanto essi dicono: la più severa delle critiche alla privatizzazione del mondo, se resa giuridicamente o telematicamente poco accessibile, accetta di fatto il medesimo sistema che condanna. D'altro canto, gli stessi studiosi, nella loro veste notturna di lettori voraci, si scambiano fotocopie e file, per lo più senza accorgersi che le loro esigenze di ricerca li conducono alla violazione sistematica di quella proprietà privata intellettuale che pure hanno distrattamente accettato. A causa di questa trascuratezza, oggi il problema del regime del sapere è affrontato per lo più da “tecnici”: informatici come Richard Stallman, o giuristi come Lawrence Lessig. Ma una teoria politica che voglia aver gambe per camminare nel mondo deve riconoscere che la sua diffusione è un problema ad essa interno, da affrontare in prima persona. Alle origini della filosofia occidentale, Platone ha riflettuto sui media del conoscere, avendo avuto la fortuna sia di essere al di qua della grande divisione fra umanisti e scienziati, sia di assistere alla prima rivoluzione nelle tecnologie della parola, il passaggio dall'oralità alla scrittura. L'età della tipografia e della produzione libraria industrializzata e centralizzata ha fatto dimenticare, con i suoi manoscritti “licenziati” per le stampe, che il problema della comunicazione del sapere riguarda in primo luogo gli autori. Ora, però, la rete rende possibile pubblicare i nostri testi senza prenderne congedo: gli umanisti sarebbero dunque in grado di uscire di minorità, riappropriandosi di quanto in passato hanno delegato al sistema industriale e ai suoi interessi economici – che, nel caso della letteratura scientifica, toccano assai poco gli autori. Perché dovrebbero farlo? Per rispondere a questa domanda ricostruiremo un argomento platonico antico, allo scopo di suggerirne uno politico e moderno.

Item Type: Article
Additional Information: Pubblicata con il titolo: "Le cose degli amici sono comuni. Se non ci sono cose comuni, non ci sono amici".
Subjects: Dip. Scienze della Politica > Filosofia Politica
Filosofia > Miscellany of philosophy > Filosofia Politica
Filosofia > Modern Western philosophy > Filosofia Politica
Depositing User: Maria Chiara Pievatolo
Date Deposited: 24 Sep 2013 09:43
Last Modified: 24 Sep 2013 09:43
NBN identifier: urn:nbn:it:unipi-10903
URI: https://archiviomarini.sp.unipi.it/id/eprint/538

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