Lettera ai cittadini di colore e ai negri liberi di Santo Domingo e delle altre isole francesi di America. 1

Di M. Grégoire, Deputato all’Assemblea Nazionale, Vescovo del Dipartimento di Loir-et-Cher.

Henry Grégoire

Traduzione dall'originale francese - Lettre aux citoyens de couleur et nègres libres de Saint-Domingue et des autres îles françaises de l'Amérique, Paris, Impr. du Patriote français, 1791 - di Dino Costantini. L'originale è consultabile su Gallica, biblioteca elettronica curata dalla Bibliothèque Nationale de France.

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Abstract

La concessione dei diritti politici ai sang-mêlés operata dalla République attraverso il decreto del 15 maggio 1791 non è per Grégoire una graziosa concessione ma la riparazione di un crimine. Rivolgendosi ai nuovi cittadini per chiedere il loro sostegno alla causa rivoluzionaria egli critica ogni distinzione costruita attorno al colore della pelle e preconizza l'abolizione della schiavitù.


AMICI,

Eravate già uomini, siete ora cittadini reintegrati nella pienezza dei vostri diritti, parteciperete d’ora innanzi alla sovranità del popolo. 2 Il decreto che l’assemblea nazionale ha appena promulgato a vostro riguardo su questo oggetto, non è affatto una grazia, poiché una grazia è un privilegio, e un privilegio è un’ingiustizia; e queste parole non devono più insudiciare il codice dei Francesi. Garantendovi l’esercizio dei diritti politici abbiamo estinto un debito; mancarvi sarebbe stato da parte nostra un crimine ed una macchia alla costituzione. I legislatori di una nazione libera potevano fare per voi di meno dei nostri vecchi despoti?

Più di un secolo fa Luigi XIV aveva solennemente riconosciuto e proclamato i vostri diritti 3 ; ma questo sacro patrimonio era stato invaso dall’orgoglio e dalla cupidigia che, gradualmente, aggravavano il vostro giogo e avvelenavano la vostra esistenza. La resurrezione dell’impero francese aprì i vostri cuori alla speranza, e questo raggio consolatore addolcì l’amarezza dei vostri mali. A stento lo si sospettava in Europa; i coloni bianchi, che sedevano tra di noi, si lamentavano della tirannia ministeriale; ma erano ben attenti a non parlare della propria. Essi non articolavano mai le lamentele degli sventurati sang-mêlés, che pure sono loro figli; e siamo noi che, a duemila leghe di distanza, siamo stati costretti a difendere i figli contro il disprezzo, l’accanimento, la crudeltà dei padri. Vanamente si è tentato di soffocare i vostri reclami; i vostri sospiri e i vostri mali, nonostante l’estensione dei mari che ci separano, hanno riecheggiato nel cuore dei Francesi di Europa, poiché questi hanno un cuore.

Dio, nella sua tenerezza, abbraccia tutti gli uomini; il suo amore non ammette che la differenza che risulta dall’estensione delle loro virtù; potrebbe la legge, che deve essere un’emanazione della giustizia eterna, sancire una predilezione colpevole? potrebbe la patria, che sorveglia tutti i membri della grande famiglia, essere madre degli uni e matrigna degli altri?

No, signori, non potevate sfuggire alla sollecitudine dell’Assemblea Nazionale. Srotolando di fronte agli occhi dell’universo la grande carta della natura, essa ha ritrovato i vostri titoli: si era cercato di farli sparire; fortunatamente i caratteri erano indelebili, come la sacra impronta della divinità incisa sulle vostre fronti.

Già il 28 marzo del 1790, nelle sue istruzioni per le colonie, l’Assemblea Nazionale aveva ricompreso sotto una comune denominazione bianchi e sang-mêlés. I vostri nemici hanno voluto fare mentire la carta, imprimendovi il contrario; ma è incontestabile che quando allora io domandai che voi vi foste nominativamente compresi, un gran numero di deputati, tra cui numerosi planteurs, si affrettarono a gridare che l’articolo vi riguardava nella sua generalità; e persino M. Barnave, che pure me lo aveva detto, cedendo alle mie ripetute interrogazioni, lo confessò pubblicamente di fronte all’Assemblea. Non avevo forse ragione di temere che un’interpretazione perversa alterasse i nostri decreti? Le nuove vessazioni nei vostri confronti e i vostri mali portati al culmine, hanno più che giustificato le mie preoccupazioni. 4 Le lettere che da voi ho ricevuto a questo riguardo hanno fatto colare le mie lacrime. I nostri posteri si stupiranno, si indigneranno forse di sapere che la vostra causa, la cui giustizia è evidente, è stata dibattuta per cinque giorni consecutivi. Ahimé! quando l’umanità è ridotta a lottare contro la vanità e il pregiudizio, il suo trionfo è una conquista faticosa!

Da lungo tempo la "Società degli amici dei neri" 5 s’occupava dei mezzi di addolcire la vostra sorte e quella degli schiavi; è difficile, forse impossibile, fare impunemente il bene e il suo rispettabile zelo le ha meritato molti oltraggi. Uomini vili si nascondevano nell’anonimato per lanciare contro di lei il loro veleno; e in impudenti libelli non cessavano di ripetere obiezioni e calunnie già polverizzate centinaia di volte. Quante volte questi perversi ci hanno accusato di esserci venduti agli Inglesi? di essere assoldati contro la Francia dagli Inglesi? di avervi indirizzato lettere incendiarie ed inviato armi? Voi lo sapete, amici miei, quanto queste imposture siano vili ed efferate, noi che vi abbiamo predicato sempre l’attaccamento alla madre patria, la rassegnazione, la pazienza, nell’attesa del risveglio della giustizia. Niente ha potuto intiepidire il nostro zelo, né quello dei vostri fratelli sang-mêlés che risiedono a Parigi. M. Raimond 6 , in particolare, si è votato in maniera eroica alla vostra difesa. Aveste visto con che trasporto questo distinto cittadino, alla sbarra dell’Assemblea Nazionale di cui merita di essere membro, presentava il quadro straziante delle vostre sventure e reclamava energicamente i vostri diritti! Se l’Assemblea li avesse sacrificati, essa avrebbe deturpato la propria gloria. Il dovere le comandava di decretare con giustizia, di spiegarsi con chiarezza, di far eseguire con fermezza: essa lo ha fatto. E se (che a Dio non piaccia) qualche avvenimento nascosto nel seno dell’avvenire ci strappasse le nostre colonie, sarebbe preferibile avere una perdita da deplorare che un’ingiustizia da rimproverarci.

Cittadini, alzate le vostre fronti umiliate; associate alla vostra dignità di uomini il coraggio, la fierezza di un popolo libero: il 15 maggio, giorno nel quale avete riconquistato i vostri diritti, deve rimanere per sempre memorabile per voi e per i vostri figli. Questa data risveglierà periodicamente in voi i sentimenti di gratitudine verso l’Essere supremo, e possano allora le vostre voci colpire la volta dei Cieli verso i quali si eleveranno le vostre mani riconoscenti!

Finalmente avete una patria, d’ora innanzi non vedrete al di sopra di voi che la legge; il vantaggio di concorrere alla sua creazione vi assicurerà il diritto imprescrittibile di tutti i popoli: quello di non obbedire che a voi stessi.

Avete una patria e senza dubbio essa non sarà più una terra di esilio, nella quale non incontravate che padroni e compagni di sventura; gli uni distribuendo disprezzo e oltraggi e gli altri ricevendoli. I vostri singhiozzi di dolore erano puniti come grida di ribellione; situate tra i pugnali e la morte, queste terre sventurate furono spesso imbevute delle vostre lacrime, e a volte tinte del vostro sangue.

Avete una patria, e senza dubbio la felicità risplenderà sui luoghi che vi hanno visto nascere; allora gusterete in pace i frutti dei campi che avrete coltivato senza turbamento; allora sarà colmato l’intervallo che, ponendo a grande distanza gli uni dagli altri i figli di uno stesso padre, soffocava la voce della natura e spezzava i legami della fraternità; allora i casti piaceri dell’unione coniugale rimpiazzeranno le sconce esplosioni della dissolutezza, che insultava la maestà dei costumi.

E per quale strano capovolgimento della ragione era vergognoso per un bianco sposare una donna di colore, mentre non era disonorevole vivere con lei in un volgare libertinaggio? Più l’uomo è privo di virtù, più cerca di circondarsi di distinzioni 7 frivole; e quale assurdità quella di voler fondare un merito sulle sfumature della pelle, sulle tinte più o meno abbrunite del viso! L’uomo che pensa a volte arrossisce di essere uomo, quando vede i suoi simili accecati da un simile delirio; ma poiché sfortunatamente l’orgoglio è la passione più tenace, il regno del pregiudizio si prolunga; poiché l’uomo sembra non dover raggiungere la verità che dopo aver esaurito tutte le possibilità dell’errore.

Nelle nostre colonie orientali questo pregiudizio, contro il quale esse hanno protestato per voce dei MM. Monneron, non esiste affatto. Non vi è niente di più toccante dell’elogio delle persone di colore registrato dagli abitanti di questa parte del mondo nelle loro istruzioni per i loro deputati all’Assemblea Nazionale. L’accademia delle scienze di Parigi si onora di contare tra i propri corrispondenti un mulatto dell’Ile-de-France; tra noi, un negro è lo stimato amministratore del distretto di Saint Hypolite, nel dipartimento del Gard. Noi non crediamo che la differenza della pelle possa istituire dei diritti differenti tra i membri della società politica; così voi non troverete questa orgogliosa pochezza nelle nostre coraggiose guardie nazionali, che vogliono andare in America per assicurare l’esecuzione dei nostri decreti. Impregnate dei lodevoli sentimenti già manifestati dalla città di Bordeaux, vi diranno assieme a lei che il decreto relativo alle persone di colore, redatto sotto gli auspici della prudenza e della saggezza 8 , è un omaggio alla ragione e alla giustizia 9 ; che i deputati delle colonie hanno calunniato le vostre intenzioni e quelle del commercio. 10 La condotta di questi mandatari è assai strana: prima sollecitano ardentemente a Versailles la loro ammissione all’interno dell’Assemblea, giurano poi con noi, al Jeu de Paume, di non abbandonarla che quando la costituzione fosse stata completata, infine dichiarano, dopo il decreto del 15 maggio scorso, che essi non possono più sedere tra di noi. Questa diserzione è un abbandono dei principi e una breccia nella religione del serment. 11 I coloni bianchi che sono degni di essere francesi si affrettano già ad abiurare queste ridicole prevenzioni, per non vedere in voi che dei fratelli e degli amici. Con quale dolce emozione citiamo queste parole dei cittadini attivi di Jacmel: «Votandoci a seguire senza restrizioni i decreti dell’Assemblea Nazionale sulla nostra costituzione presente e a venire e a conformarci a quelli che potrebbero modificarne la sostanza.» 12 I cittadini di Port-au-Prince dicono all’Assemblea Nazionale le stesse cose in altri termini: «Degnatevi, signori, di ricevere nelle vostre mani il serment che la municipalità presta a nome del comune di Port-au-Prince, di rispettare ed eseguire puntualmente tutti i vostri decreti, e di non scostarsene mai, sotto qualunque pretesto ciò possa avvenire. 13 »

Così la filosofia allarga i propri orizzonti al Nuovo Mondo, e presto i pregiudizi assurdi non avranno per sostenitori che dei tiranni subalterni, che vorrebbero perpetuare in America il regno del dispotismo annientato in Francia. Che cosa avrebbero detto se le persone di colore avessero tentato di strappare ai bianchi il godimento dei vantaggi politici? Con quale forza avrebbero protestato contro questa vessazione? Schiumano di rabbia nel vedere che vi abbiamo rivelato e reso i vostri diritti. Nella speranza di consolare il loro orgoglio ferito, si consumeranno forse nello sforzo di far fallire l’applicazione dei nostri decreti; tenteranno un colpo che, strappando le colonie alla madre patria, gli faciliti la fuga dai loro creditori. Non hanno smesso di seminare il terrore, di dire che un atto di giustizia nei vostri confronti farebbe perdere Santo Domingo. In questa affermazione noi non abbiamo visto che una menzogna; amiamo credere che, al contrario, il decreto stringerà i legami che vi uniscono alla métropole. Rischiarati dal patriottismo nel vostro interesse e nei vostri affetti, dirigerete ancora verso la métropole le vostre operazioni commerciali e i tributi reciproci dell’industria stabiliranno tra la Francia e le sue colonie uno scambio costante di ricchezza e di sentimenti fraterni. Se voi foste infedeli alla Francia, sareste i più vili e malvagi tra gli uomini. No, generosi cittadini, non tradirete la patria; la sola idea vi riempie di orrore; uniti a tutti i buoni francesi sotto la bandiera della libertà, difenderete la nostra sublime costituzione. Un giorno dei deputati di colore traverseranno l’Oceano per venire a sedere all’Assemblea Nazionale, e giurare con noi di vivere e di morire sotto le nostre leggi. Un giorno il sole non illuminerà tra di voi che degli uomini liberi; i raggi dell’astro che diffonde la luce non cadranno più su dei ferri e degli schiavi. L’assemblea nazionale non ha ancora associato questi ultimi alla vostra sorte, perché i diritti dei cittadini, concessi bruscamente a coloro che non ne conoscono i doveri, sarebbero forse per costoro un dono funesto; ma non dimenticate che, come voi, essi nascono liberi ed eguali. Fa parte del corso irresistibile degli eventi, del progresso delle lumières che tutti i popoli spossessati della libertà ricuperino infine questa proprietà inalienabile.

Vi si rimprovera, più che ai bianchi, una particolare durezza verso i negri; ma, ahimé! si sono sparse tante menzogne contro di voi, che dobbiamo prudentemente sollevare dei dubbi su queste accuse: se tuttavia esse fossero fondate, agite in modo che al più presto la maldicenza divenga calunnia.

I vostri oppressori hanno spesso respinto lontano dagli schiavi la luce del cristianesimo, poiché la religione della dolcezza, dell’eguaglianza, della libertà, non si confaceva alla ferocia di questi uomini sanguinari. Che la vostra condotta contrasti interamente con la loro. Carità è il grido del Vangelo, i vostri pastori lo faranno riecheggiare tra di voi; aprite i vostri cuori a questa morale divina della quale essi sono la voce. Noi abbiamo alleggerito le vostre pene, alleggerite quella delle sventurate vittime dell’avarizia che bagnano i vostri campi con i loro sudori e spesso con le loro lacrime; che l’esistenza non sia più un supplizio per gli schiavi; espiate, attraverso le vostre buone azioni nei loro confronti, i crimini dell’Europa. Conducendoli progressivamente alla libertà, compirete un dovere, vi preparerete dei ricordi consolatori, onorerete l’umanità, assicurerete la prosperità delle colonie. Questa sarà la vostra condotta verso i vostri fratelli neri: ma che cosa dovete fare in relazione ai vostri padri bianchi? Senza dubbio vi sarà permesso di versare delle lacrime sulle ceneri di Ferrand de Baudière 14 , di quello sfortunato Ogé 15 , assassinato legalmente e morto sulla strada per aver voluto essere libero; ma muoia chi tra di voi osasse concepire contro i vostri persecutori dei progetti di vendetta. D’altronde, non sono forse essi consegnati ai propri rimorsi e coperti da un eterno obbrobrio? L’esecrazione contemporanea nei loro confronti non è forse solo un’anticipazione di ciò che sarà l’esecrazione della posterità? Seppellite in un oblio profondo l’odio e il risentimento, gustate il piacere delizioso di fare del bene ai vostri oppressori, e reprimete persino gli slanci troppo marcati di una gioia che, ricordando i torti commessi, aguzzerebbe contro di loro la punta del pentimento.

Sottomessi religiosamente alla legge, ispiratene l’amore nei vostri figli; che una educazione attenta allo sviluppo delle loro facoltà morali prepari per la generazione che vi succederà dei cittadini virtuosi, degli uomini pubblici, dei difensori della patria.

Come saranno commossi i loro cuori quando, conducendoli sulle vostre rive, dirigerete i loro sguardi verso la Francia, dicendo loro: laggiù vi è la madre patria: è da là che ci sono arrivate la libertà, la giustizia e la felicità; là vivono i nostri concittadini, nostri fratelli e nostri amici; noi gli abbiamo giurato eterna amicizia. Eredi dei nostri sentimenti, dei nostri affetti, che le vostre bocche ripetano i nostri serments; vivete per amarli e, se necessario, morite per difenderli.

Firmato GRÉGOIRE,

Parigi, 8 giugno 1791



[1] Una precisazione si rende necessaria sin dal titolo, per chiarire il destinatario dello scritto di Grégoire. In uno scritto del 1789, la Mémoire en faveur des gens de couleur ou sang-mêlés de St.-Domingue, Grégoire scrive: « Les dénominations gens de couleur, sang-mêlés, sont insignifiantes, puisqu’elles peuvent également s’appliquer aux Blancs libres, aux Nègres esclaves, etc.; mais dans nos Isles, l’usage a restreint l’acception de ces mots à la classe intermédiaire, dont les individus Blancs et Noirs sont les souches. » Quando Grégoire usa i termini gens de couleur, sang-mêlés, mulàtres, egli si riferisce dunque a tutti gli affranchis (dei quali fanno parte anche i nègres libres) ovvero a tutti coloro che non fanno parte né della popolazione schiavile, né di quella dei coloni. N.d.R.

[2] Con il decreto del 15 maggio 1791 è concessa la pienezza dei diritti politici a tutti gli uomini liberi di colore, nati da padre e madre liberi. Il decreto, sotto la pressione dei planteurs sarà abrogato già il 24 settembre. Nel frattempo, il 22 agosto, gli schiavi erano insorti a Santo Domingo, cominciando la lunga lotta che avrebbe condotto sino all’indipendenza di Haiti, dichiarata il primo gennaio del 1804. Sulla spinta degli eventi il 4 aprile 1792 l’eguaglianza nei diritti politici dei sang-mêlés è nuovamente concessa senza restrizioni. N.d.R

[3] Grégoire si riferisce al Code noir, legislazione intesa a governare l’istituto della schiavitù promulgata nel 1685. Il Code noir all’articolo IX riconosceva la validità del matrimonio tra un padrone bianco ed una schiava di colore. Il matrimonio aveva come effetto la liberazione della schiava e della progenie. Gli articoli LV-LIX precisavano poi l’uguaglianza nei diritti tra nati liberi e affranchis, e dunque tra bianchi e sang-mêlés. Per quanto in vigore « les articles du Code noir relatifs aux affranchissements n’ont pas fait barrage à un ordre ségrégationniste; tout au long du XVIIIe siècle, les dispositions légales et réglementaires vont s’amasser qui définissent à la longue, et avec une rigueur sans cesse accrue, un régime de caste fondé sur la distinction des couleurs » (Yvan Debbasch,Couleur et liberté. Le jeu du critère ethnique dans un ordre juridique esclavagiste, T.I: L’affranchi dans les possessione françaises de la Caraïbe (1635-1833), Paris, Dalloz, 1967; p. 34). N.d.R.

[4] Il decreto del 28 marzo 1790 stabiliva la creazione in ogni colonia di una Assemblea coloniale, aperta ai soli coloni e dotata di larga autonomia amministrativa. Si venne a creare così una condizione di semiautonomia coloniale nella quale i poteri dei coloni – e la loro arroganza - raggiunsero il proprio apogeo. N.d.R.

[5] Fondata a Parigi il 19 febbraio 1788 la Société des Amis des Noirs si fissa come obiettivi l’abolizione immediata della tratta e quella, timidamente progressiva, della schiavitù. Principali esponenti della Società, che avrà un ruolo decisivo nei dibattiti relativi alla questione coloniale, furono Brissot, Calvière, Mirabeau e Condorcet, oltre allo stesso Grégoire. N.d.R.

[6] Julien Raimond (1744-1801) era un ricco proprietario mulatto originario di Santo Domingo dove aveva alle sue dipendenze circa un centinaio di schiavi. Raimond non combatte la schiavitù ma è a Parigi dal 1786 per ottenere dal ministero il miglioramento della condizione dei mulatti. Membro della Société des Amis des Noirs, politicamente vicino a Brissot, è autore di numerosi pamphlets. E’ imprigionato sotto il terrore, su istigazione dei rappresentanti dei coloni. Liberato, sarà inviato a Santo Domingo nel 1796 come membro della Commissione incaricata dal Direttorio di ristabilire il sistema delle piantagioni dopo l’abolizione della schiavitù decretata il 4 febbraio 1794. Qui collaborerà poi, sino alla morte, con Toussaint Louverture. N.d.R.

[7] Il termine distinctions - che in francese significa anche “onorificenze” – appartiene al vocabolario dell’ancien régime alla cui logica Grégoire cerca costantemente di apparentare il privilegio coloniale. Cfr. a questo proposito N.d.R.

[8] Vedi la lettera del direttorio del dipartimento della Gironda alle assemblee coloniali.

[9] Vedi l’adresse del direttorio del dipartimento della Gironda ai cittadini e alle guardie nazionali del dipartimento.

[10] Vedi la lettera del direttorio, etc.

[11] Il serment civique è posto dalla Costituzione del 3 settembre 1791 al centro della liturgia rivoluzionaria. Esso rappresenta nel modo più esemplare la concezione volontaristica della nazione fatta propria dalla Rivoluzione in questa sua prima fase. Il testo del serment – che era richiesto prestare a tutti coloro che desiderassero accedere alla cittadinanza francese - recitava: « Je jure d’être fidèle à la Nation, à la loi et au roi et de maintenir de tout mon pouvoir la Constitution du Royaume, décrétée par L’assemblée nationale constituante aux années 1789, 1790 et 1791 » (Constitution du 3 septembre 1791, Titre II, art.4). N.d.R

[12] Estratto dei registri delle deliberazioni della municipalità di Jacmel, 10 marzo 1791.

[13] Adresse della municipalità di Port-au-Prince all’Assemblea Nazionale, pagina 9.

[14] Veterano della guerra di indipendenza americana, alla quale aveva partecipato come ufficiale dei Granatieri Volontari di Santo Domingo, è giudice della Sénéchaussé et Amirauté di Petit Goâve. Viene assassinato da un gruppo di coloni schiavisti per avere promosso una petizione a favore dei diritti politici e civili degli affranchis, per la maggior parte suoi ex compagni d’arme. N.d.R.

[15] Vincent Ogé era un mulatto originario di Santo Domingo, figlio di un ricco commerciante di caffé. Come Raimond era proprietario di schiavi, e non era intenzionato a mettere in discussione l’istituzione della schiavitù. Allo scoppio della Rivoluzione è a Parigi per affari. Tra i più ardenti sostenitori della causa dei sang mêlés, presenta nel 1789 una mozione a loro favore alla lobby dei coloni riunita all’Hotel Massiac. Nel 1790 parte segretamente per Santo Domingo, con l’intento di organizzarvi un’insurrezione. Nella notte tra il 28 e il 29 ottobre trecentocinquanta mulatti insorgono al suo comando contro i coloni. La rivolta è ferocemente repressa. Ogé, tradito dagli Spagnoli presso i quali aveva cercato rifugio, è preso, torturato e assassinato con efferata ferocia il 25 febbraio 1791. N.d.R.